In questo lungo febbraio, che ho soprannominato “il mese dell’addio”, ho avuto un enorme sovraccarico emotivo e sensoriale. Qualcosina me la stavo già trascinando dalla fine dell’anno, ma dal 1 gennaio in poi è andato in crescendo fino a scoppiare. Uno Tzunami. Tutto ciò che avevo faticosamente messo in piedi con grandissima fatica è stato spazzato via da tante emozioni profonde e negative.
Come ho già spiegato, per una Persona Altamente Sensibile, momenti come questo sono vere e proprie catastrofi perché il dolore è profondissimo e e per uscirne ci si impiega sempre troppo tempo rispetto all’oggettiva entità del problema o del danno. E’ l’effetto collaterale del vivere intensamente. Anche con i giusti confini, o quelli che si pensava fossero i giusti confini, si va sempre oltre e il rovescio della medaglia è che una cosa carina diventa bellissima, e se si cade non ci si sbuccia il ginocchio, ci si rompe tutti. Sempre e comunque. Ma siamo fenici. E come tali risorgiamo dalle ceneri, per ardere ancora di più. La sensibilità è una risorsa sempre. Io voglio vederla così…e così, fino quasi ad ossessionarmi… con il briciolo di lucidità che sto recuperando, mi sono chiesta: cosa posso fare di tutto questo?
Se questo dolore è qui, devo trasformarlo in qualcosa di utile, in una lezione preziosa, in una risorsa, altrimenti veramente è tutta energia sprecata due volte ( perché purtroppo il tempo… quello non lo si può recuperare mai).
E così mentre dopo la meditazione guitada della sera lasciavo vagare i pensieri liberi di dissolversi come nuvelette nell’infinito eccola: Frida Khalo, con una frase che anni fa mi colpì così tanto che pensai dovesse essere tatuata nelle ossa : Dove non puoi amare, non soffermarti.
Che potenza! Che verità!
E ho iniziato a riflettere cosa voglia dire il ” non poter amare” .
Dove non posso amare?
Non posso amare in una relazione dove l’altra persona non si ama, tanto da creare un ambiente ostile per l’amore. Ovviamente molti tireranno fuori gli amori non corrisposti, ma quelli sono un caso diverso. Non si può amare nei fatti, con il cuore si.
E proprio ieri ragionavo anche con una persona di questa faccenda: cosa ho da offrire all’altro?
Ora lo so. Ora sono riuscita a collegare due situazioni nettamente dicotomiche ( apparentemente, perché sono una il “dietro lo specchio dell’altra).
La mia risposta è stata: la presenza. Ma aspettate a parlare di ovvio… non è di presenza fisica che sto parlando. Parlo di una presenza interiore, esserci. Completamente.
E quando una persona riesce ad esserci? quando è sicura. quando è tranquilla, quando non ha paura di stare davanti all’ignoto.
Perché parliamoci chiaro, stare accanto ad un’altra persona non significa solo conoscerla, uscire, divertirsi e farsi 4 risate dentro e fuori dal letto sussurrandosi frasette di dubbio romanticismo. Stare accanto significa guardare verso l’ignoto. Perché non sai cosa può succedere domani. E per essere pronti c’è solo una cosa da fare: amare se stessi, così tanto, con così tanta convinzione e profondità da non aver paura dell’ignoto.
Ci sono persone che non affrontano il dolore, o la rabbia…Li ignorano. Credete che facendo così poi si possa un giorno stare accanto a qualcuno? La risposta è no. Si sta, ma male. Ed io lo so. Io lo so com’è fatto quel male, so cosa vuol dire essere ricoverata in ospedale e ricevere in cambio una bella vagonata di indifferenza e distacco. O essere in un momento difficile e venire dimenticata come un oggetto qualunque su una mensola, a prendere polvere.
Cosa posso offrire all’altro? Posso offrirgli la certezza di di aver conosciuto, accolto, abbracciato e attraversato ogni mia emozione, bella, brutta, fastidiosa… E’ solo così che si può stare. E’ così che si offre all’altro la sicurezza. Per questo è importante che ci amiamo. Senza giudicarci, senza paura di disintegrarci, perché non succederà…No, anzi, saremo ancora più interi. Saremo più autentici, saremo in grado di far fiorire l’amore in una relazione.
Ma se questa zona fertile non c’è, se l’altro non si ama perché non è in contatto con le proprie emozioni… Non ci si può soffermare, bisogna lasciar andare.
L’ho capito molto bene cosa voglia dire restare, ora lo so. E so che in futuro che troverò terreno fertile potrò mettere radici, perché adesso so ancora meglio cosa significhi aggrapparsi a se stessi durante una tempesta di dolore, per tendere la mano a chi ha bisogno. E non è strano che me l’abbia mostrato Gilda, mi ha fatto un regalo enorme, di cui mi prenderò molta cura. Mi ha fatto capire cosa voglia dire esserci per l’altro, stare lì, a sostenere, a guardare un abisso di dolore e trovarci dentro non il nulla, ma una dose ancora più grande d’amore. E tutto questo dolore, nuovo e vecchio, mi sta dando la conferma che non c’è niente di male nella tristezza, il male c’è quando si scappa come vigliacchi da se stessi e dagli altri. Senza voler accedere a parti di se stessi che sono fondamentali per vivere. Perché la vita è anche incasinata, è dolorosa, non è sempre una festa, non la si può considerare a metà, sarebbe quasi un insulto, secondo me. E’ dalle situazioni complesse che possiamo imparare, ma dobbiamo fare un atto di fede e stare. Scegliere di abbracciare i nostri dolori, le nostre sensazioni sgradevoli. Ogni cosa. Se non partiamo da noi, sarà impossibile accogliere l’altro.
Userò questo dolore per aiutare, le persone che me lo chiederanno, ad andare in fondo a se stesse, terrò loro la mano durante il viaggio, le accompagnerò negli abissi, sapranno che sarò li per loro, così un giorno loro saranno pronti ad esserci, per se stessi e per l’altro. Ecco come userò tutto questo.
Stare, è la cosa più confortante, più importante che ci sia, ma se non si può stare non si può amare.
Stare con se stessi non significa chiudersi in casa a guardare serie Tv perché la gente ci da fastidio. Stare con se stessi diventa il tempo più importante della vita se lo usiamo per stare accanto a tutte quelle parti di noi che sono rimaste sole, inascoltate e abbandonate per troppo tempo.
Se impariamo ad amare noi stessi, ad accoglierci, a rispettarci ad abbracciarci, impareremo a stare. E allora, qualcuno si soffermerà.
Frida dice anche: ”L’arte più potente della vita è fare del dolore un talismano che cura. Una farfalla rinasce in fiore, in una festa di colori.”.
Vi auguro si stare. E di trovare qualcuno che si soffermi, perché a quel punto voi sarete amore, e una nuova farfalla potrà volare di nuovo fra i colori ❤