“CAMMINAVO LEGGERA…”

9 marzo 2016

“Camminavo leggera…”

Alle 9:20 ho finito il primo turno di dog sitting.

Una bella giornata. Pensare che un’ora prima pioveva. Ero preoccupata per i cani. sarebbero usciti a “pascolare” in giardino per fare i loro bisogni? E poi…Il cielo si è aperto. Un sole bellissimo, incastonato su un cielo terso e azzurro sembrava aprire le porte ad una bella primavera al suo esordio.

Mentre tornavo a casa a piedi, pensavo ai fatti miei.

Ho fatto quella strada miliardi di volte.  L’attraversamento pedonale è diviso in due parti. C’è il semaforo nel mio percorso e anche dall’altra parte della strada perché l’incrocio è ampio. Ma è tutto molto tranquillo. Ottima visibilità,tutto tranquillo.

“Camminavo leggera…”

Pensavo ai fatti miei: adesso torno a casa, mi cambio, vado a pilates, poi passo a comprare 10 mele, e poi torno da cani, così li faccio entrare dentro, poi ritorno a casa a faccio il pranzo… Stasera devo fare un esercizio al laboratorio…vediamo un po’ come lo posso fare…Ho questi tre oggetti….

e poi..ho sentito qualcosa.

Qualcosa mi afferrava sotto le ginocchia.

Ho pensato ” ma che cazz…” Però non ho finito di pensare.

Ho sentito un colpo alla testa.

Poi ho sentito un colpo alla schiena.

Poi ho aperto gli occhi.

Non riuscivo a respirare.

Ero in ginocchio…rivolta verso una macchina dalla quale è uscita una donna sconvolta che gridava non ti ho vista.

Che male la testa! Coff coff. Non ho niente! sto bene!

No, non alzarti, dice le lei echiama l’ambulanza.

Davanti a me c’era la macchina. appena sotto la mia cuffietta. Quella fuxia. Con le treccine di lana, presa a Firenze. Ci tengo molto a quella cuffietta.

Gli occhiali.

Non riesco a prenderli. Oh no! ho perso una lente, è finita nell’altra corsia, se passa una macchina la rompe…

No no, ha sbattuto la testa, ha preso un colpo, venite subito. Come stai? No va bene, aspetti, ci parli lei.

  • Signora mi dica se vuole l’ambulanza.
  • non lo so. ho sbattuto la testa.
  • mi deve dire se vuole che le mandiamo l’ambulanza.
  • Non lo so, non respiro molto bene, ma forse sto bene.
  • Signora le mandiamo l’albulanza per portarla al pronto soccorso si o no?
  • ok. mandatela.

Un signore anziano, intanto si avvicina. E’ alto e ha gli occhiali.

Signora non può stare in mezzo alla strada, venga che la porto via.

MI sollevo.

Che dolore al petto!

Vieni, siediti nella mia macchina, dice la donna.

Mi siedo.

Mi scusi, mi può prendere la lente degli occhiali? è nell’altra corsia.

il telefono.

Mio fratello è al tirocinio. O in biblioteca? SE è in sala operatoria non mi sentirà mai.

CHiamo la mia amica. lo so che non ha la macchina ma le mando un messaggio vocale.

Calma per le prime tre parole: mi hanno investita, poi boh. Comincio a piangere e non lo so se si è capito cosa ho detto. Forse si, perchè lei mi dice che chiamerà un’altra amica. Io provo con mio fratello. Lo chiamo. Mi calmo per le tre parole decisiva: mi hanno investita. Poi piango. Ma lui capisce. Corre da me.

Intanto la donna mi chiede come sto, poi si gira e dice: oddio il vetro!

Era spaccato.

Ho realizzato che quello era il colpo in testa.

L’ambulanza …non so in che tempi sia arrivata.

Il tempo ha perso il suo valore. Sentivo solo il dolore al petto che si irradiava verso la bocca dello stomaco e la paura. Una paura strana che cercava di invadermi la mente.

Ma sapete … è vero quello che dicono. Per un secondo, appena ho messo piede nell’ambulanza ho pesato: meno male che non ho mutande brutte oggi!

Potete ridere 🙂 fa ridere anche a me. Oggi.

Arriva mio fratello. Faccio in tempo a dire a lui e alla donna dove mi portano e poi si parte.

Con tutta calma mi hanno portato all’ospedale M.

Il tizio messaggiava con la fidanzata suppongo.

Io guardavo fuori dal finestrino mentre il dolore al petto stava li a dirmi: morirai qui dentro per una emorragia interna. Morirai qui, da sola, mentre questo tizio barbuto messaggia con la sua ragazza. Le lacrime hanno iniziato a cadere giù dagli occhi. Senza che sentissi alcuno stimolo a piangere. giù, senza controllo. Discrete, una alla volta. Ma pesanti.

Ma poi non sono morta. Sono arrivata al pronto soccorso.E mi hanno preso i dati. Dopo circa 10 o 15 minuti di attesa ( se l’emorraggia ci fosse stata? non so. Se avessi avuto un’emorragia cerebrale? chi se ne frega, bisogna aspettare).

Dopo i dati la pseudo visita.

Entro. Il lettino non c’è.

Portate un lettino.

Mi fanno domande, sono lucida.

La mia più grande fobia è svenire. Non esiste. Ci sono andata vicina varie volte ma il mio corpo, il mio cervello, la mia volontà, non accetta di perdere i sensi. E’ una roba che non può esistere.

Sarebbe stato meglio invece…forse.

Sedia a rotelle e via a fare le lastre. Poi ecografia.

20 minuti? mezz’ora?

Chissà. Entro a fare le lastre.  Mi alzo da sola nonostante i dolori, mi cadono i fazzolettini perché in tutto questo le lacrime hanno continuato a scendere silenziose e calme. Li prendo. Quindi in automatico il tizio delle lastre deduce che non ho nulla di grave.

Dopo le lastre esco e non trovo più la sedia a rotelle. Qualcuno l’ha rapita.

Mi siedo sulle sediette a muro. Sola. Con le mie lacrime e il mal di testa. E il bernoccolo dietro la testa che ogni tanto pizzica fortissimo.

Dopo credo un’ora e mezzo, in preda ad una crisi ipoglicemica e alla nausea, al mal di testa, ai dolori e alla paura, deduco che forse non ho un’emorragia interna altrimenti sarei già morta.

Ho fame. Voglio andare a casa. Nessuno mi calcola.

Mi sento trasparente.

Poi passa un’infermiera che mi guarda in faccia. Non ci voleva molto in effetti….

Lei che cosa fa qui? Cosa sta aspettando?

Le tre paroline magiche: sono stata investita. Aspetto l’ecografia.

Venga con me.

Vado.

La stanza è vuota.

Dopo 10 minuti arrivano medico e specializzandi.

Non sapevano neanche perché fossi li.

Uno pensava che avessi diarrea perchè mi ha chiesto se avevo febbre o vomiti.

L’altra si è messa a cercare la cistifellea invano. Non ce l’ho quindi non l’avrebbe trovata.

Mi mandano via. Dicendomi che non c’erano versamenti.

Ok.

Poi arriva l’infermiere dell’accettazione. Napoletano ( strano vero?) . E mi porta in una saletta con altra gente, in attesa di dimettermi.

Una ragazza con la clavicola fratturata era li buttata senza neanche una benda per tenerle il braccio fermo.

Altre signore, con fratture uguali. In attesa di cosa non si sa.

Dopo mezz’ora mi chiamano.

MI mandano via dicendo che ho il trauma cranico e che devo stare ferma 48 ore. Farmi vedere il giorno dopo dal medico di base e stare attenta.

Peccato che per casini vari non ho ancora fatto il cambio del medico.

Eh allora domani vada negli uffici a portare i documenti.

Ma non dovevo stare ferma a riposo?

Va beh. Addio.

A mai più.

Mal di testa, nausea, glicemia sotto lo zero. Sono le 13:30 e ho fatto colazione alle 7:00. MI scappa pure la pipì e corro in un bagno.

In sala d’attesa, mio fratello e la donna.

Torniamo a casa.

I miei genitori in vacanza in montagna non sapevano nulla.

Meglio chiamarli dopo.

Arriviamo a casa alle 13:40.

Chiamo mio padre.

Alle 13:45 arriva il vicino di casa a controllare se effettivamente sono viva, come ho detto a mio padre.

Seguono poi altre visite per sincerarsi che sia viva.

E lo sono. Lo sono ancora.

Le due settimane successive sono state: medico legale, ortopedico, cambio del medico, lastre, tac, oculista, tac dell’occhio, visite di controllo, collare fisso, collare da dismettere. Dolori alla schiena. Una spalla più alta dell’altra. Scivolamento delle vertebre. Cervicale dritta. Edema della papilla oculare o quello che è…Dormire senza cuscino. Chiudere gli occhi e sentire i tre colpi: gambe, testa, schiena.

All’infinito. In rotazione. Senza fine.

Poteva andare peggio. Sono stata graziata. Se esistono gli angeli della strada so benissimo chi è il mio, e non ho dubbi che mi abbia presa in volo e fatta atterrare in ginocchio, dolcemente.

Non ho un livido alle ginocchia. Non so neanche come ho fatto a finire in ginocchio!

L’unica cosa che so è che sono via. E che poteva andare peggio.

E mi infastidisce l’aggressività della gente contro la donna che mi ha investita. Manco avesse preso la mira!

Credo che il solo fatto di avermi investita sia una cosa orribile. Poverina. Ho anche cercato di tranquillizzarla.

E boh. Lo volevo raccontare perchè rimanesse qui.

Il percorso non è finito. Dopo tre settimane ho ancora dolori alla schiena e devo iniziare la fisioterapia.

Non so bene dove mi porterà tutto questo, ma se è successo e sono qui per raccontarlo, sono sicura che sarà una parte importante del mio percorso, e sto cercando di accoglierla il più possibile.

Però è dura non guidare,non potersi muovere liberamente, non poter fare Pilates, che per me è una cosa importantissima, non potermi muovere a teatro come vorrei…. Ma posso lavorare per fortunae questa è una risorsa … malgrado sia tutta storta, gonfia per il poco movimento e diciamolo…un po’ rattristata, posso ancora fare un sacco di cose.

Chissà forse non ho ancora realizzato bene che cosa è successo. E’ stato tutto veloce, molto veloce.

Ma questa volta ho scelto di non essere sola.

Ho vissuto da sola le più grandi tragedie della mia vita ( questioni di salute dei miei genitori) e non è stato bello, dunque ho pensato che forse in questo caso la solitudine non mi avrebbe aiutata molto, e ho avuto ragione. E’ stato bello sapere che molte persone mi mandavano la loro solidarietà, mi hanno scritto per sapere come stavo, o mi hanno fatto una telefonata.

Forse sto già imparando qualcosa, e forse condividere questa esperienza qui, magari servirà a qualcun altro.

Non ho nascosto i fatti neanche ai pazienti. E sono stati tutti meravigliosi.

Questo è un momento. E’ in divenire, passerà, ma oggi lo fermo. In modo da poterci tornare quando voglio.

E questo anche per dire che non è che a volte si sparisce senza motivo 🙂

Oltre alla mancanza di ispirazione c’era altro!

Che miracolo meraviglioso la vita! ❤

 

PS: il titolo e tema ricorrente “Camminavo leggera” fa parte di un monologo recitato nello spettacolo Veritas, portato in scena da me e i miei compagni a luglio del 2015.